Ti capita mai di aver finito un lavoro di cui sei soddisfatto, ma poi il cliente ti chiede modifiche importanti?
Tantissime volte. A volte quando non ho un’idea forte come in questo caso, può capitare che faccio tre o quattro proposte che mi piacciono e poi le faccio vedere al cliente. Quello che non mi piace me lo tengo per me.
Quando indico al cliente qual è la mia preferita tra le opzioni in maniera sincera, di solito la mia motivazione viene ascoltata. Certo il cliente deve essere soddisfatto, quindi capita che scelga una versione che non rientra tra le mie preferite, allora cerco di fare i giusti accorgimenti, per esempio con l’aiuto del colore e troviamo un accordo. Sono convinto che il rapporto tra cliente e artista si deve basare sul rispetto reciproco. L’artista deve credere nel messaggio che si vuole comunicare e il cliente deve fidarsi della sua interpretazione. Il cliente non può avere il controllo su tutto. Mi accorgo che più vieni controllato in ogni fase del processo, più il lavoro si “sporca” con le correzioni. I lavori migliori sono quelli dove il cliente mi dice buona la prima bozza.
Poi c’è anche l’aspetto positivo nel lavorare per il cliente. Di solito si parte con il brief iniziale, per capire qual è il messaggio da comunicare. E questi paletti mi costringono a uscire dalla mia comfort zone, e mi dà la possibilità di sperimentare in campi che abitualmente non avrei affrontato.
Io ho iniziato questo lavoro anche perché mi sono innamorato dei rapporti azienda-artista come Depero con Campari o Seneca con Buitoni. Tra artista e azienda ci deve essere un rispetto reciproco. L’illustratore deve essere libero di esprimersi e non fare marketing, e l’impresa deve ricercare una buona comunicazione. Mi piace lavorare in Italia perché ritrovo spesso questo rapporto genuino.
Quanto è importante avere uno stile riconoscibile, dove alla prima occhiata del lavoro riesci subito a individuare l’autore?
Lo stile è un’arma a doppio taglio. Un po' tutti gli artisti hanno questo cruccio di essere riconoscibili. La riconoscibilità è importante per chi guarda il tuo lavoro, ma per l’artista può diventare una gabbia dalla quale diventa difficile uscire.
Secondo me lo stile artistico è come un linguaggio, un modo di esprimersi che cambia anche con la crescita, con le influenze esterne e con il tempo. Se uno si costringe a usare sempre lo stesso stile, per esempio usando sempre gli stessi colori per rendersi riconoscibile al pubblico, alla lunga ti può portare a un lavoro sterile.
Io quando guardo i miei lavori di 10 anni fa vedo una grande differenza rispetto a quelli che realizzo oggi, non mi piacciono più, perché il mio linguaggio è andato avanti, è cambiato.
Al pubblico piace identificare l’artista con lo stile, come io sono ricondotto al futurismo. Una semplificazione che ci può stare per chi guarda, per riuscire a inquadrare un illustratore o un pittore in una corrente artistica per esempio.
Qual è l’aspetto che più ti piace del tuo lavoro? Quando hai cominciato?
Io ho sempre disegnato, fin da bambino. Mi piace la tranquillità del tavolo da disegno, quando prendo il mio momento per raccontare con l’illustrazione, un momento anche intimo se vogliamo. È la cosa che mi piace di più. Tutto inizia dal primo tratto e finisce con il dettaglio finale, la sfumatura di colore. Poi ho fatto.
Mi piace vedere che strada prende la mia illustrazione una volta terminata, ma penso che ormai non posso più modificarla quindi il mio lavoro è finito sul foglio.
Di solito cerco di non svelare la mia idea che sta dietro a un’illustrazione. Qui per Autumnus ho già svelato troppo (sorridendo). Ho dato il mio punto di vista, ma il bello è anche lasciare che ognuno ci possa vedere quello che vuole, senza essere influenzato dall’autore.
Conosci il Trentino? Ogni tanto vieni a visitare queste località?
Ho fatto molte gite in Trentino e ho lavorato spesso per aziende locali. Mi è capitato di raccontare il territorio con i paesaggi, la gastronomia e lo sport, tutte sfaccettature che si prestano molto bene alla rappresentazione con l’illustrazione. La sento una regione abbastanza nelle mie corde.
Parlando di Autumnus, non si può che nominare la gastronomia e il vino del Trentino. Qual è il tuo piatto preferito tipico?
Quando vengo in Trentino prendo sempre speck, pane nero e segalini. Come in ogni posto che visiti, il prodotto tipico è più buono se gustato tra i paesaggi e i profumi del territorio. Mi piace immergermi nel Trentino con una birra fresca e una buona fetta di speck. Poi a casa mi porto i canederli.
Ti piace cucinare?
Si, ma non ho dedizioni al riguardo. Nella cucina ricerco soprattutto le forme e i colori. Per questo probabilmente mi sono focalizzato sullo chef nel manifesto per Autumnus, perché è un po' come se il cuoco dipingesse un quadro con i sapori.